Epilogo

L’ultimo giorno in cui Marilyn recitò davanti a una cinepresa, il 1 giugno 1962, al termine di una carriera durata sedici anni, era anche quello del suo trentaseiesimo compleanno. Nonostante la devastazione provocata dalla depressione, dalle pillole e dall’alcool, tutti testimoniarono che fu una prova da vera professionista, in cui si dimostrò ancora una volta padrona di una recitazione dal ritmo perfetto. Pochi giorni dopo fu licenziata dalla Fox, che le fece causa per i ritardi e le ripetute assenze dal set di Something’s got to give e diede inizio a una squallida campagna giornalistica per screditarla agli occhi del pubblico. Pare che Bob Kennedy non fosse estraneo a tali prese di posizione della Fox, così come a lui si deve la solidità del muro eretto attorno a suo fratello John, con cui l’attrice non riuscì mai più neppure a parlare al telefono. Eppure, nonostante la disperazione, Marilyn reagì: rilasciò numerose interviste e partecipò a svariati servizi fotografici per Vogue, Cosmopolitan, Life, Redbook; dichiarò che a trentasei anni non era mai stata più felice e fiduciosa in un radioso futuro per la sua carriera di attrice. L’eco provocato sulla stampa da queste apparizioni convinse Bob Kennedy a venire a patti: i primi di luglio incontrò Marilyn, si fece promettere che non avrebbe più cercato John e in cambio offrì di intercedere per lei con la Fox. Nel giro di due giorni da questo incontro lo Studio ritirò la denuncia e le offrì un nuovo contratto da un milione di dollari per terminare Something’s got to give. In quelle settimane Bob ridivenne intimo di Marilyn, almeno fino a metà luglio quando, dopo un incontro con J. Edgar Hoover, si rese improvvisamente irreperibile per lei, così come era successo per John. Vano risultò qualsiasi tentativo della Monroe di mettersi in contatto con qualcuno del clan Kennedy. Da metà luglio al 4 agosto Marilyn incontrò Greenson, il suo psichiatra di fiducia, tutti i giorni; aveva continuamente bisogno di iniezioni di calmanti per il suo stato di agitazione che si alternava ai down farmacologici. Nei momenti di lucidità comunicava ai pochi amici che le erano rimasti la sensazione di avere il telefono sotto controllo e rivendicava di essere in possesso di lettere compromettenti di John e Bob, alcune su carta intestata del ministero e della presidenza, e di appunti sul suo diario che contenevano dati sensibili riservatissimi. Marilyn era ben informata sulle infedeltà coniugali di John Kennedy, sui suoi rapporti con la mafia, su quanto era accaduto alla Baia dei Porci a Cuba: avrebbe potuto far cadere il presidente. L’ultimo fine settimana di luglio fu orchestrata da Frank Sinatra la partecipazione di Marilyn a una festa organizzata nel suo albergo Cal-Neva, in Nevada. Sarebbero stati presenti sia Bob Kennedy che Giancana, che avrebbero dovuto convincerla a consegnare il diario e i documenti in suo possesso.

Sinatra accompagnò Marilyn alla festa col suo aereo privato, ma quando lei si rese conto del vero motivo per cui era stata invitata si ribellò e avvisò Joe DiMaggio di quanto stava accadendo. Prima dell’arrivo di quest’ultimo al Cal-neva fu drogata e costretta a partecipare ad un’orgia durante la quale furono scattate numerose fotografie, la cui mancata divulgazione avrebbe dovuto rappresentare il prezzo del suo silenzio.

Nei giorni immediatamente precedenti la sua morte chi la vide disse che Marilyn appariva euforica, ottimista e risoluta a porre fine alla questione coi Kennedy. Confidò a un vecchio amico che aveva in programma di organizzare una conferenza stampa, perché aveva capito di essere stata usata e gettata via come uno straccio vecchio.

Sabato 4 agosto fu il suo ultimo giorno di vita: comunicò al personale di servizio che aspettava una visita di Bob Kennedy, il cui arrivo nel pomeriggio fu confermato da numerosi testimoni. Altrettanti testimoni dichiararono che al termine della visita, Marilyn era sconvolta e fuori di sé: al telefono con amici rivelò di essere stata minacciata di morte se non avesse consegnato i documenti di cui era in possesso o avesse incontrato la stampa. Le testimonianze concordano che Bob Kennedy tornò la stessa sera accompagnato dalla scorta e ingiunse al personale di servizio di allontanarsi. Eunice Murray, la governante di Marilyn, e suo genero, che si occupava del giardino, rimasero nei pressi della sua casa e rientrarono quando videro uscire il ministro della giustizia.

Pietra tombale di Marilyn Monroe al Westwood Memorial Park Cemetery, Los Angeles. Juergen Graft, 1993. Wikimedia Commons

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Trovarono Marilyn priva di coscienza. Avvisarono Greenson e chiamarono un ambulanza. Nella notte del 5 agosto Marilyn fu dichiarata morta per suicidio da overdose di barbiturici dopo un tentativo di rianimazione. Del suo diario e dei documenti di cui era in possesso non fu trovata traccia. Negli anni successivi alla morte i testimoni di quanto accadde quella notte cambiarono più volte versione e le numerose inchieste aperte in merito furono tutte affossate. Numerosi libri sono usciti sull’argomento. Pare ormai acclarato che Marilyn sia stata assassinata, perché i rilievi anatomo-patologici ottenuti dall’autopsie, le reticenze, le mezze verità costruiscono un quadro tale da rendere l’ipotesi di suicidio impossibile, più che improbabile. Chi fu l’assassino? Questo non è mai stato possibile stabilirlo con certezza. Al contrario appare ormai definitivamente chiaro chi avrebbe beneficiato della sua scomparsa.